Gen 31, 2015 News Commenti disabilitati su “QUESTIONE DI PRIORITA’” di Carolina Di Prizio
L’ho visto qualche giorno fa, lì tra quelle notizie alle quali non vuoi credere. Non ci vuoi credere perché, sai, ti sembra assurdo che a un convegno sulla famiglia contro l’omosessualità, un ragazzo venga cacciato dal palco per aver detto “Quanti di voi sanno se il proprio figlio è omosessuale?”.
Non ci vuoi credere quando conosci i temi discussi in quel convegno. Non ci vuoi credere quando vedi in seconda fila, proprio alle spalle del presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, il signor Mauro Inzoli, ex parroco accusato di abusi sui minori. Ma attenzione, non ci facciamo mancare nulla, e alla conferenza per tutelare la famiglia tradizionale sono presenti anche i componenti di quello che il deputato di Sinistra Ecologia Libertà, Franco Bordo, definisce “un bel quadretto familiare” ovvero il senatore Roberto Formigoni, il presidente del Consiglio Raffaele Cattaneo e l’assessore alla Cultura, Cristina Cappellini, ma anche il ministro Maurizio Lupi e l’ex ministro Ignazio La Russa. Non ci vuoi credere perché dici “questa non è civiltà”, perché in quel momento ti vergogni di essere italiano. L’ho visto e ho pensato all’arretratezza di un paese omofobo e poi sono arrivata a una conclusione, partendo dal basso, partendo da me. Io non sono una definizione. Io non sono una parola da cercare sul dizionario con un significato delimitato e dei sinonimi. Non sono una figura geometrica con contorni ben definiti e rifiuto ogni stereotipo o che mi si faccia rientrare in una determinata classe. Io non sono immutabile, statica, passiva. Sono un insieme di idee, ambizioni e aspettative e questi sono i motivi per i quali non voglio essere schedata come una di destra o di sinistra, o donna o uomo, religiosa o agnostica o atea, omosessuale o etero. Io non voglio dire che questi non siano tratti di me, al contrario: io sono proprio tutto questo. È fondamentale partire da qui. Se ne sono già scritti troppi di testi e articoli riguardo l’omofobia e io per prima ho spesso impugnato la penna per gettarmi in questa che sembra essere una diatriba infinita, la questione dei neri d’America degli anni ’60.
Il fatto è proprio questo però: se ne parla tanto, ma lo si fa in modo distaccato. Motti inutili sul social network, manifestazioni e sit in: ma non è con un hashtag buonista che si ottiene qualcosa. Attenzione, non sto accusando l’informazione, il dialogo, il parlare: mi starei tagliando le mani da sola. Sto proponendo di agire però anche e soprattutto nella quotidianità e nella normalità, iniziare dal basso. Oh, è inutile parlare di matrimonio e adozione, che sono temi importanti e i più discussi, se prima non guardiamo sotto i nostri piedi, se restiamo indifferenti davanti alle cose con le quali veniamo in contatto diretto, se non prestiamo attenzione al linguaggio discriminatorio, alle battute, agli sguardi ironizzanti appena si parla di omosessualità: è questa l’omofobia. Sfiderei ognuno di voi a trovare qualcuno che si schieri contro un omosessuale: probabilmente vi dirà che semplicemente preferirebbe che due dello stesso sesso si comportino come una coppia solo in privato.
Della serie: fate che volete, ma non venite a disturbare me, che a vedervi mi fate schifo. Ah, bella società questa!
Ho affrontato spesso la questione e, niente, mai nessuno che si riuscisse a definire omofobo; e quando ho provato a stuzzicare un po’, a manifestare il disagio che mi prendeva quando per offendere la prima parola usata è frocio, mi hanno guardato quasi esterrefatti – ma è pazza, cosa dice!?- e poi una miriade di ‘è solo per dire’, ‘ è uno scherzo’, ‘è un momento di rabbia, non ci ho fatto nemmeno caso’. Ah, il non ci ho pensato proprio spopola tra le bocche dei ragazzi su questo argomento. Ma il punto è proprio questo! La parolina buttata giù senza malvagità è lo specchio preciso di come non abbiamo nemmeno ragionato su questa cosa, di come sia dato per scontato che sia un insulto. Io penso che la vera ‘rivoluzione’ la possa fare chi riesce a cambiare il proprio pensiero, chi inizia a riflettere, chi può non vederlo davvero come una priorità di una persona, ma nemmeno come un tabù. Le cose cambieranno quando non si avrà paura di rivelare anche questo tratto di sé stessi più di quanto non si abbia paura a dire ‘sono italiano’, ‘sono cattolico’, ‘sono me stesso’.
Eppure siamo lontani, lontani.
L’ho visto qualche giorno fa, lì tra quelle notizie alle quali non vuoi credere, quel congresso dove uomini che si ritengono forse importanti criticano altri uomini. E non ci vuoi credere perché ti spaventano. È la mia società?
Dio, non ti senti offeso quando dall’alto di un pulpito un uomo in veste bianca ha la presunzione di dirci di seguire le tue leggi e non le rispetta? Dio, perché mi hanno detto che sono malato perché amo? Dio, io forse sbaglio, ma l’amore è quando ho il cuore che batte e non ho tempo di seguire alcuna regola, non ho tempo per pensare se è un uomo o una donna che ho davanti. Dio quando amo, io amo una persona, e se a qualcuno spaventa, se a qualcuno impressiona che io, donna, dia un bacio a una donna, o le tenga la mano, o faccia l’amore con lei, sol perché gli è una realtà sconosciuta, a me non importa. Dio quando ami, mi hanno detto, ami chi hai davanti e ami con il cuore, e non hai voglia di ascoltare alcuna tradizione. Dio, insegna tu a chi va a predicare cosa deve dire, Dio dì ai tuoi missionari di dare l’esempio, Dio spiegagli che l’amore ha molteplici forme, che non è semplicemente dare alla luce un altro essere. Dio, che facesti un uomo e una donna, Dio, che li facesti procreare, è questa la famiglia che vuoi? Dio, Dio, è questa la tua idea di amore? Dio, facesti l’uomo a tua immagine e somiglianza, ma l’uomo poi è cambiato, si è evoluto, è arretrato. Dio, ti sei fidato troppo di quella creatura che creasti, sei stato troppo speranzoso. Dio, hai fatto male i conti, perché all’uomo hai dato un cuore, hai dato l’humanitas, hai dato dei sentimenti, ma quando gli hai dato un cervello l’ha usato male.
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